Aumentare la resilienza delle aree industriali e delle filiere industriali agli effetti del cambiamento climatico attraverso la valutazione del rischio tramite l’adozione di misure di adattamento e la creazione di meccanismi finanziari ad hoc rappresenta il principale obiettivo del progetto comunitario IRIS finanziato con il programma Life Climate change adaptation.

Il Progetto IRIS rappresenta un’innovazione tra le iniziative di adattamento al cambiamento climatico, dal momento che non è orientato a rendere resilienti le città e i sistemi urbani; ma si rivolge al settore industriale. In particolare il progetto promuove un approccio di cluster che si concretizza in sperimentazioni a scala di area industriale e di filiera produttiva.

Il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici è di forte attualità, in considerazione degli effetti ormai ricorrenti sia a scala globale che locale; collegati all’aumento delle temperature e alle precipitazioni estreme.

Le tendenze del clima in Italia negli ultimi cinquant’anni (trend 1961 – 2014) mostrano evidenti aumenti delle temperature legati a ondate di calore, più significative nel Nord Italia (ad esempio negli ultimi quarantacinque anni è stato rilevato che la temperatura media nella provincia di Ferrara è passata da 3° a 6°C); e precipitazioni estreme, più significative nel Centro Italia. [dati presentati da Arpae Emilia-Romagna, febbraio 2016]. Queste evidenze meteoclimatiche sintetizzano il problema attuale dell’adattamento ai cambiamenti climatici da affrontare nel nostro Paese.

L’innalzamento delle temperature innesca fenomeni di cambiamento climatico osservati a livello globale (pubblicati nel report Intergovernmental panel on climate change IPCC- V report 2014) che non è più possibile ignorare: l’innalzamento del livello del mare legato allo scioglimento di ghiacciai, le mareggiate che comportano l’erosione della costa, le alluvioni, i fenomeni di desertificazione e di siccità, etc. Tali cambiamenti generano effetti sugli ecosistemi e sulla biodiversità (come ad esempio la fioriture precoci, le migrazioni di alcune specie, etc.).

Prevenire gli impatti del cambiamento climatico ed organizzarsi per sostenerli può ridurre i costi futuri dei danni sulla collettività e sull’ambiente. Ad esempio, secondo le stime effettuate dalla Commissione europea sui costi globali dell’adattamento, l’adozione di misure di protezione dalle inondazioni consentirebbe di risparmiare sei euro (di danni evitati) a fronte di un euro speso in misure di adattamento.

Per raggiungere gli obiettivi definiti a livello internazionale e comunitario è opportuno definire politiche di adattamento a diverse scale territoriali: nazionale, regionale, locale.

 

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO NEL PANORAMA NAZIONALE

L’Italia nel giugno del 2015 ha adottato la Strategia Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici – SNAC – costruita sui principi del Libro Bianco “L’adattamento ai cambiamenti climatici verso un quadro d’azione europeo” (2009) – in risposta agli indirizzi comunitari, contenuti nella Strategia Europea per l’adattamento [COM 216/2013/CE], che invitano gli Stati membri a dotarsi di una Strategia e di un Piano (attualmente a livello europeo sono 19 i Paesi membri che hanno adottato una strategia di adattamento).

La Strategia italiana individua una serie di azioni a breve e medio periodo, di tipo infrastrutturale e tecnico e di tipo non strutturale, anche basate su un approccio ecosistemico, per i settori di intervento risultati prioritari per la loro vulnerabilità ai cambiamenti climatici (in primis Agricoltura, Pesca e Turismo) e misure trasversali a più settori. Questo ultimo aspetto ha dato un valore aggiunto alla strategia italiana che si propone di utilizzare un approccio integrato intersettoriale. La politica di adattamento, difatti, non può essere considerata una politica settoriale in quanto interessa vari interventi che spaziano dalla pianificazione del suolo; alla pianificazione della qualità dell’aria ed energetica; alla pianificazione e gestione delle acque; intersecando una pluralità di settori.

E’ in questa direzione che, anche a livello regionale, alcune iniziative di adattamento ai cambiamenti climatici sono già state intraprese nel più ampio contesto delle esistenti politiche di tutela dell’ambiente; di prevenzione dei disastri naturali; di gestione sostenibile delle risorse naturali e di tutela della salute. In Italia tre regioni su venti stanno adottando una strategia e un piano tra le quali: la Lombardia (la prima ad aver adottato una strategia e in fase di elaborazione deil Piano), l’Emilia Romagna e l’Abruzzo.

La Regione Emilia – Romagna ha avviato un processo per l’elaborazione di una “Strategia unitaria per il clima” che integra l’adattamento e la mitigazione allo scopo di mettere a valore ciò che già è programmato e pianificato nei differenti piani di settore. L’obiettivo finale è quello di offrire indicazioni strategiche in grado di accelerare il raggiungimento degli obiettivi europei di riduzione effettiva delle emissioni di gas “serra” e contestualmente di migliorare la capacità di adattamento del sistema regionale.

A livello locale sta prendendo piede l’iniziativa Covenant of Mayors PAESC, un Piano d’azione per l’energia sostenibile e il clima (il nuovo Patto dei Sindaci integrato per l’energia e il clima presentato lo scorso 15 ottobre del 2015 alla Commissione) che adotta un approccio integrato per affrontare la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

L’iniziativa, nata “ab origine” come Patto dei Sindaci (PAES), si prefigge di contribuire al raggiungimento dei nuovi obiettivi comunitari di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 40% entro il 2030, attraverso interventi di efficientamento energetico e di decarbonizzazione a livello territoriale. I settori presi in considerazione nell’iniziativa sono quelli che producono maggiori consumi di energia negli usi finali (trasporti, elettricità, illuminazione pubblica, costruzione e ristrutturazione di edifici pubblici, apparecchi IT per ufficio). L’iniziativa si è rivelata un successo per l’elevata adesione a livello territoriale (attualmente in Italia si contano 3.238 comuni firmatari) e attualmente si sta diffondendo anche la Mayor’s adapt: sono 20 le città italiane che hanno già aderito all’iniziativa. Bologna è stata la pioniera, grazie all’esperienza fatta con il progetto Life Blue Ap, che ha dato vita al primo piano d’azione locale nel contesto nazionale. Altre sei città italiane stanno elaborando strategie e piani: Ancona, Venezia, Padova, Milano, Roma e Sorradile (OR).

In questo panorama, dove iniziano a delinearsi politiche, strumenti ed iniziative sui cambiamenti climatici; di pari passo si sta investendo in progetti che sperimentano misure e linee di azione per far fronte al complesso tema dell’adattamento.

 

 

IL PROGETTO LIFE IRIS

IRISImprove Resilience of Industry Sector – è uno dei cinque progetti italiani finanziati con il programma Life Climate change adaptation 2014-2020, con un budget di € 1.658.680 (cofinanziato al 60%). Il progetto, con ERVET capofila, vede coinvolti nel partenariato il Consorzio Attività Produttive di Modena; l’Agenzia di Sviluppo della Provincia di Ferrara SIPRO; Carlsberg Italia; ERGO s.r.l.; Terraria s.r.l. e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

L’obiettivo principale del progetto LIFE IRIS è quello di sostenere le imprese, soprattutto le PMI, nei loro sforzi per diventare più resilienti ai cambiamenti climatici; e per testare l’efficacia delle misure di adattamento applicate attraverso un approccio di cluster (specificatamente a scala di area produttiva e di filiera).

La sperimentazione pilota coinvolge due aree industriali emiliano romagnole, localizzate in Provincia di Modena ed in Provincia di Ferrara. Entrambe le aree sono accomunate dalla presenza di un soggetto gestore d’area e dal coinvolgimento nel processo di qualificazione verso lo status di Area Ecologicamente Attrezzata; i gestori unitari sono il Consorzio Attività Produttive di Modena e SIPRO, Agenzia di Sviluppo della Provincia di Ferrara.

Per la filiera è stata coinvolta una delle maggiori imprese nella produzione della birra, Carlsberg Italia, che ha sede in Lombardia ma la cui filiera, dai fornitori agli utilizzatori finali, opera a livello internazionale.

 

 

LE AZIONI DEL PROGETTO IRIS

Oggi le imprese si trovano a far fronte sempre più frequentemente a eventi climatici di portata straordinaria, che mettono a repentaglio la produzione e gli impianti o che compromettono la funzionalità delle infrastrutture del territorio al servizio delle stesse aziende (ad esempio le reti fognarie e i sistemi di scolo). In caso di allagamento, le imprese devono affrontare potenzialmente grandi perdite economiche (ad esempio attraverso le interruzioni della produzione e i danni ad attrezzature ed edifici), mentre le ondate di calore aumentano il consumo di energia e possono compromettere il benessere dei dipendenti. Su una più ampia scala, siccità e piogge intense possono minacciare la disponibilità di acqua e portare all’inquinamento delle acque sotterranee.

IRIS ambisce ad aumentare la resilienza delle imprese attraverso una serie di azioni preventive e soluzioni operative per la gestione del rischio climatico. Azioni, queste ultime, che si sostanzieranno nella realizzazione di piani d’azione per le aree industriali di Bomporto (MO) e San Giovanni di Ostellato (FE) e la filiera della birra e nella creazione di meccanismi finanziari/assicurativi premianti nei confronti delle imprese che adottano misure di adattamento o che sono localizzate all’interno di cluster che adottano misure di adattamento.

Il primo step che le aziende pilota di IRIS stanno affrontando, è lo sviluppo di approcci di valutazione e di gestione del rischio. Questa valutazione è finalizzata a prevenire le potenziali conseguenze negative degli eventi calamitosi, ma anche a cogliere e valorizzare le opportunità/benefici che un’attenta e corretta gestione ambientale può offrire.

Il rischio va inteso sia come rischio per l’organizzazione (in termini di implicazioni per l’operatività e il business) ma anche per il territorio e per la salute e sicurezza dei lavoratori. Basti pensare, ad esempio, alle possibili conseguenze che un evento climatico estremo potrebbe avere in termini di danni potenziali sul business a seguito di un fermo di produzione per guasti agli asset (impianti, macchinari e tecnologie); o ai riflessi negativi sul brand commerciale dell’azienda e sull’immagine dell’area produttiva causati da fenomeni diffusi di inquinamento; o ancora alle ricadute sul territorio attraverso i danni alle infrastrutture (danneggiamenti agli assi viari a seguito di allagamenti, frane etc.), e sulla salute e sicurezza dei lavoratori. Gli effetti del cambiamento climatico influiscono anche sugli approvvigionamenti delle aziende (es. colture e allevamenti nei settori alimentare e tessile) e sul mercato (es. cambiamento delle abitudini e delle esigenze a fronte del cambiamento del clima: abbigliamento, edilizia, alimentazione).

L’implementazione di opportune misure di adattamento trasforma i potenziali danni, sopra menzionati, in mancate spese, quindi in sostanza in benefici economici; anche se a prima vista potrebbe sembrare che si tratti solo di costi, in quanto gli impatti previsti nel proprio territorio potrebbero non verificarsi nel modo atteso. Proprio quest’ultimo aspetto condiziona il mercato delle assicurazioni private, in Italia, che al momento non riconoscono eventuali sforzi di riduzione del rischio climatico.

Iris si prefigge di fare una valutazione dettagliata del rischio che consenta di creare le condizioni necessarie (richieste dagli istituti di credito) per sviluppare assicurazioni e/o forme di finanziamento ad hoc.

Con i risultati del progetto si auspica, inoltre, di fornire un utile elenco di azioni da replicare a livello industriale, ma anche metodi di stima dei danni economici, affrontati per il settore industriale a seguito di eventi calamitosi collegati al cambiamento climatico. Queste stime possono diventare la base per calcoli previsionali e se opportunamente strutturate potrebbero essere estese ai vari settori produttivi rilevanti nel contesto nazionale, come l’agricoltura e il turismo.

Prevenire il rischio climatico può offrire, agli attori privati e non solo, sia benefici diretti in termini business, ovvero creare opportunità di mercato (ad esempio attraverso la promozione e lo sviluppo di tecnologie ambientali e/o di servizi innovativi come i servizi ecosistemici, la creazione di nuovi prodotti) e di conseguenza incrementare la domanda di posti di lavoro collegati a questi settori innovativi (green jobs), sia benefici indiretti derivanti dall’internalizzazione dei costi delle esternalità negative (ovvero i costi che ricadrebbero sulla collettività e sull’ambiente da un mancato adattamento); oltre che avere ricadute ambientali e sociali positive sul territorio dove opera l’area industriale o la singola azienda.

 

Per maggiori informazioni vai al sito ufficiale del progetto: http://www.lifeiris.eu 

Seguici su twitter e linkedin